"Lia Trancanelli"
la fede nella quotidianità
(1° "VOCI FUORI DAL CORO": STORIE DAL MONDO)
Per il terzo incontro di questo nuovo anno, i Ra.Mi. e i loro amici, hanno avuto l'onore di poter incontrare Lia Trancanelli e di ascoltare, con infinita ammirazione, la sua testimonianza di fede e...di Vita.
"io me ne starei tranquillamente a casa, è Dio mi ha chiesto di raccontare la vita di Vittorio"
Lia, è la moglie di Vittorio Trancanelli.
Si fidanzano giovanissimi, già con la prospettiva di un matrimonio cristiano.
L'idea di entrambi era quella di partire per l'Africa per praticare del volontariato lì, ma la vita aveva deciso diversamente. Poco dopo il matrimonio Lia scopre di essere incinta, ma perde il bambino, e Vittorio, ormai laureato in medicina, scopre di essere malato di colite ulcerosa. Lia rimane nuovamente incinta, ma poco prima della nascita del bambino, Vittorio si ammala gravemente; la colite ulcerosa era finita in peritonite; sopravvive per miracolo all'intervento, dal quale nessuno si aspettava questo risultato.
"(...) i colleghi parlavano delle vacanze: "Quest'anno devo mettere una vela in più sulla barca", "Io voglio cambiare località", "Io voglio comprare un motoscafo", Vittorio operava e ascoltava, poi dice: "Ragazzi, domani non vengo in ospedale". "Vitto'... che devi fare?". "Vado dal giudice". "Dal giudice? A fare che?". "Vado a prendere un altro bambino in affido". In sala operatoria si fa silenzio. Vittorio alza la testa e dice "Io e mia moglie ci divertiamo così, non vi preoccupate ragazzi".
Dopo la nascita di Diego, Lia e Vittorio scelgono di intraprendere un cammino fatto di amore per il prossimo, per i più deboli. Prendono in affido 2 bambini, ai quali, dopo circa 8 anni se ne aggiunge una terza: una bimba somala (Nadia) diabetica,(4 insuline al giorno) che dopo alcuni anni passati nella famiglia di Lia e Vittorio, diventa autonoma nella gestione della malattia e decide di tornare in famiglia. Al contempo, in ospedale una donna in fin di vita, chiede a Vittorio di potersi prendere cura di sua figlia Alessandra di 18 anni. Successivamente, accoglieranno in casa anche una giovane donna con i suoi 4 bambini; è così che decidono di proporre ai parrocchiani il loro "stile di vita". Decidono così di aprire a Cenerente, una comunità, "Le querce di Mamre", dove senza distinzione di razza, etnia e religione, accolgono ogni famiglia che necessiti di aiuto.
"Le mamme che vengono nella nostra comunità, sono donne abbandonate dai mariti, che hanno subito violenze e non sono tutelate da nessuno. Le aiutiamo con i documenti e le seguiamo durante la gravidanza e nel parto. Preghiamo insieme, cuciniamo, dialoghiamo e così imparano l'italiano. Cerchiamo poi di inserirle dignitosamente nella società. Alcune ci hanno chiesto di diventare cristiane a causa delle privazione e delle violenze subite dai dogmi religiosi delle loro terre d'origine."
Vittorio, nonostante la sua malattia lo debiliti fortemente, continua senza sosta a svolgere la sua professione di chirurgo ed è pronto a correre in ospedale a qualsiasi ora del giorno e della notte: ogni qual volta fosse necessario il suo intervento. Non rifiuta mai una visita e nessuno. Otre al essere medico, Vittorio studia da solo ebraico, aramaico e archeologia. Prima della sua morte, volle vedere tutta la sua famiglia. Morì a soli 54 anni il 24 giugno 1998.
La testimonianza di Lia e della vita di suo marito, è stata un vero dono per tutti noi. Un qualcosa di cui fare tesoro. Una vita dedicata interamente al prossimo, al debole, all'ultimo; una vita di fede, dedicata e ancorata soprattutto a Dio.
"Quello che vorrei di dire ai giovani. Se sentite nel cuore che c'è qualcosa che volete realizzare, fatelo! Non aspettare troppo che potrebbe essere tardi... quante cose avremmo voluto fare io e mio marito."
"Pregate, pregate tanto Dio. E quando lo fate, non pregate solo per i vostri desideri, ma per ciò che Dio vi affida, anche le cose che vi sembrano terribili. Quando Vittorio morì, e dopo alcuni anni mio figlio Diego si trasferì negli USA, rimasi tristemente sola. Dopo alcuni anni capii l'importanza del piano di Dio, mi sarei troppo attaccata a mio figlio, come unico appiglio, e non sarei potuta "crescere". Se non avessi creduto nel Signore, non sarei riuscita a vivere. La mia famiglia sono stati i bambini adottati e le donne di Mamre."