"Alle radici della Fede"
- Il Credo -
(2° incontro di spiritualità - un obiettivo chiaro, un progetto preciso, un'azione convinta)
1° PARTE: CATECHESI
In questo
incontro si proseguirà con il secondo concetto fondamentale (dopo “Io Credo”,
approfondito nel primo incontro) del “Credo”: “Dio Padre Onnipotente”.
Gli uomini
che hanno scritto questa preghiera hanno posto la loro fiducia sulla parola di
Dio, la qual si compie in un determinato periodo storico, in una determinata
regione e tramite una determinata persona: Gesù. Questi uomini hanno vissuto
accanto a Gesù e hanno creduto che in quella carne, la carne di Cristo, c’era
Dio: un atto di fede,così come noi, oggi, crediamo che la “Sacra Scrittura” non
è semplice scrittura, ma è Dio, o meglio presenza di Dio; lo stesso vale per i
Sacramenti, noi crediamo che l’Eucarestia non è un semplice pezzo di pane ma
Dio.Così accadde agli apostoli quando incontrarono Gesù.
In questo
atto di fede sta la fiducia nelle parole di Gesù e nelle sue azioni, attraverso
le quali ci parla di Dio e ci racconta che il nostro Dio proveniva da una
Rivelazione fatta al popolo d’Israele. E’come dire che attraverso i Vangeli
possiamo ritornare al Primo Testamento da cui sappiamo che il nostro Dio è un
Dio solo.
Se guardiamo
all’antico testamento e al popolo ebraico dell’epoca scopriamo che c’erano
tanti sensi religiosi e quindi tanti Dei, addirittura tra loro in lotta.
Gesù invece
ci racconta che c’è un solo Dio ed è quello che si rivelò ad Abramo (quindi la
fede cristiana non può essere letta senza quella ebraica) e che la fede ebraica
è una fede monoteista, Dio è uno solo.
Questo Dio è uno solo, ma non è un Dio egoista, anzi si avvicina all’uomo
rivelandosi a lui, venendo incontro a lui, che lo ha creato a sua immagine per
donargli il suo amore.
Dio, nel
suo altruismo, decide di volersi relazionare con l’uomo e si rivela ad Abramo con delle
affermazioni di enorme speranza, benedicendo Abramo e dicendogli che la sua
discendenza sarà numerosa come le “stelle del cielo”.
Il tema della
relazione è centrale: tutti sentiamo la paura di restare soli e quindi
l’esigenza di avere qualcuno accanto, Dio con le sue parole rassicura Abramo
dicendogli che sarà sempre accanto a lui.
Si giunge
così alla domanda fondamentale, ovvero perché non possiamo essere soli?
Dio è il primo a volersi relazionare con noi e a rivelarci la strada che porta
alla felicità. “La felicità non è vera se non è condivisa”, come scrive
Dostoevskij. La strada è data dalle sue dieci parole, che noi conosciamo come i
Dieci Comandamenti.
Dio scelse Mosè
come tramite per far conoscere i Dieci comandamenti e liberare gli ebrei dagli
egiziani; l’Egitto è il simbolo di idoli che non sostengono, non portano avanti
la nostra vita, non sono autori della nostra esistenza, anzi ci opprimono.
Questo accade ogni qualvolta anteponiamo una persona, una cosa, un’attività a
Dio: c’è oppressione, facciamo diventare Dio ciò che non è Dio.
Dio si è
fatto uomo per insegnarci l’amore, non inteso come eros e quindi come semplice
possesso, ma in un senso più elevato, come “agapè”,
cioè l’offerta totale di sé, la gratuità del donarsi, dell’amore,
mettendosi nei panni dell’altro.
Non solo Dio
è unico ma Padre, questo comporta la
presenza di un figlio, cioè Gesù,e ci riconduce al concetto di Trinità,
di un Dio uno e trino: Padre Figlio e Spirito Santo. Non si tratta di una somma
(Dio è comunque uno), la Trinità va intesa nel senso di un interscambio:
dal Padre al Figlio, attraverso lo Spirito Santo per donare a noi il suo amore.
Da qui l’importanza della relazione, perché l’amore non è un qualcosa di
statico, è dinamico, spinge verso l’esterno e si manifesta nel donarsi. San
Giovanni afferma che noi abbiamo la possibilità di voler bene all’altro, perché
qualcuno dal principio ci ha fatto questo dono: “noi amiamo perché Dio ci ha
amati per primi”, ed è questo che ci spinge verso l’altro e ci rende tristi
se non abbiamo la possibilità di donarci all’altro, restando chiusi in noi
stessi, noi siamo relazione, siamo nati per offrirci all’altro.
Infine Dio è onnipotente, egli può tutto, ha creato
il mondo, ha creato l’uomo. E’ per la sua onnipotenza che l’angelo Lucifero si
è ribellato a lui, perché non l’accettava, ma la sua onnipotenza è legata alla
bontà, per questo ha sempre cercato l’uomo e si è fatto carne per farsi
comprendere meglio.
In questo
incontro si proseguirà con il secondo concetto fondamentale (dopo “Io Credo”,
approfondito nel primo incontro) del “Credo”: “Dio Padre Onnipotente”.
Gli uomini
che hanno scritto questa preghiera hanno posto la loro fiducia sulla parola di
Dio, la qual si compie in un determinato periodo storico, in una determinata
regione e tramite una determinata persona: Gesù. Questi uomini hanno vissuto
accanto a Gesù e hanno creduto che in quella carne, la carne di Cristo, c’era
Dio: un atto di fede,così come noi, oggi, crediamo che la “Sacra Scrittura” non
è semplice scrittura, ma è Dio, o meglio presenza di Dio; lo stesso vale per i
Sacramenti, noi crediamo che l’Eucarestia non è un semplice pezzo di pane ma
Dio.Così accadde agli apostoli quando incontrarono Gesù.
In questo
atto di fede sta la fiducia nelle parole di Gesù e nelle sue azioni, attraverso
le quali ci parla di Dio e ci racconta che il nostro Dio proveniva da una
Rivelazione fatta al popolo d’Israele. E’come dire che attraverso i Vangeli
possiamo ritornare al Primo Testamento da cui sappiamo che il nostro Dio è un
Dio solo.
Se guardiamo
all’antico testamento e al popolo ebraico dell’epoca scopriamo che c’erano
tanti sensi religiosi e quindi tanti Dei, addirittura tra loro in lotta.
Gesù invece
ci racconta che c’è un solo Dio ed è quello che si rivelò ad Abramo (quindi la
fede cristiana non può essere letta senza quella ebraica) e che la fede ebraica
è una fede monoteista, Dio è uno solo.
Questo Dio è uno solo, ma non è un Dio egoista, anzi si avvicina all’uomo
rivelandosi a lui, venendo incontro a lui, che lo ha creato a sua immagine per
donargli il suo amore.
Dio, nel
suo altruismo, decide di volersi relazionare con l’uomo e si rivela ad Abramo con delle
affermazioni di enorme speranza, benedicendo Abramo e dicendogli che la sua
discendenza sarà numerosa come le “stelle del cielo”.
Il tema della
relazione è centrale: tutti sentiamo la paura di restare soli e quindi
l’esigenza di avere qualcuno accanto, Dio con le sue parole rassicura Abramo
dicendogli che sarà sempre accanto a lui.
Si giunge
così alla domanda fondamentale, ovvero perché non possiamo essere soli?
Dio è il primo a volersi relazionare con noi e a rivelarci la strada che porta
alla felicità. “La felicità non è vera se non è condivisa”, come scrive
Dostoevskij. La strada è data dalle sue dieci parole, che noi conosciamo come i
Dieci Comandamenti.
Dio scelse Mosè
come tramite per far conoscere i Dieci comandamenti e liberare gli ebrei dagli
egiziani; l’Egitto è il simbolo di idoli che non sostengono, non portano avanti
la nostra vita, non sono autori della nostra esistenza, anzi ci opprimono.
Questo accade ogni qualvolta anteponiamo una persona, una cosa, un’attività a
Dio: c’è oppressione, facciamo diventare Dio ciò che non è Dio.
Dio si è
fatto uomo per insegnarci l’amore, non inteso come eros e quindi come semplice
possesso, ma in un senso più elevato, come “agapè”,
cioè l’offerta totale di sé, la gratuità del donarsi, dell’amore,
mettendosi nei panni dell’altro.
Non solo Dio
è unico ma Padre, questo comporta la
presenza di un figlio, cioè Gesù,e ci riconduce al concetto di Trinità,
di un Dio uno e trino: Padre Figlio e Spirito Santo. Non si tratta di una somma
(Dio è comunque uno), la Trinità va intesa nel senso di un interscambio:
dal Padre al Figlio, attraverso lo Spirito Santo per donare a noi il suo amore.
Da qui l’importanza della relazione, perché l’amore non è un qualcosa di
statico, è dinamico, spinge verso l’esterno e si manifesta nel donarsi. San
Giovanni afferma che noi abbiamo la possibilità di voler bene all’altro, perché
qualcuno dal principio ci ha fatto questo dono: “noi amiamo perché Dio ci ha
amati per primi”, ed è questo che ci spinge verso l’altro e ci rende tristi
se non abbiamo la possibilità di donarci all’altro, restando chiusi in noi
stessi, noi siamo relazione, siamo nati per offrirci all’altro.
Infine Dio è onnipotente, egli può tutto, ha creato
il mondo, ha creato l’uomo. E’ per la sua onnipotenza che l’angelo Lucifero si
è ribellato a lui, perché non l’accettava, ma la sua onnipotenza è legata alla
bontà, per questo ha sempre cercato l’uomo e si è fatto carne per farsi
comprendere meglio.
2° PARTE: SPUNTI DI RIFLESSIONE
Partendo da un’opera intitolata “Il
sogno di un uomo ridicolo”, così scrive Dostoevskij: “…dirò di più, sia pure
che ciò non si realizzi mai e che non venga il paradiso, ma io continuerò a
predicare lo stesso e intanto, come questo è semplice, in un solo giorno, in un
ora sola, tutto potrebbe realizzarsi…”.
Tutto potrebbe realizzarsi quindi
aspetto, resto fermo; la domanda allora può essere questa: perché rimanere in
attesa? Si potrebbe, così, arrivare a pensare che siamo schiavi di Dio che, in
quanto onnipotente, tutto può, potendo solo aspettare che la sua promessa si
realizzi, piuttosto che porsi di fronte alla vita con coraggio e audacia, non
considerando altro all’infuori di sé, essere Dio si sé stesso.
Ancora:
perché Dio e non il caso? Credere, cioè, che esistiamo perché così vuole Dio
piuttosto che pensare di esistere in un determinato spazio e tempo per pura
casualità o meglio in base alle sole leggi della natura.
Perché
Dio onnipotente ci ha creati imperfetti e, andando ancora più a fondo, perché
nella sua bontà permette la sofferenza, il male?