martedì 4 dicembre 2012

Incontro Ra.Mi. - 4 DICEMBRE 2012

"Alle radici della Fede"



- Il Credo - 




(2° incontro di spiritualità - un obiettivo chiaro, un progetto preciso, un'azione convinta

 

1° PARTE: CATECHESI

In questo incontro si proseguirà con il secondo concetto fondamentale (dopo “Io Credo”, approfondito nel primo incontro) del “Credo”: “Dio Padre Onnipotente”.

Gli uomini che hanno scritto questa preghiera hanno posto la loro fiducia sulla parola di Dio, la qual si compie in un determinato periodo storico, in una determinata regione e tramite una determinata persona: Gesù. Questi uomini hanno vissuto accanto a Gesù e hanno creduto che in quella carne, la carne di Cristo, c’era Dio: un atto di fede,così come noi, oggi, crediamo che la “Sacra Scrittura” non è semplice scrittura, ma è Dio, o meglio presenza di Dio; lo stesso vale per i Sacramenti, noi crediamo che l’Eucarestia non è un semplice pezzo di pane ma Dio.Così accadde agli apostoli quando incontrarono Gesù.

In questo atto di fede sta la fiducia nelle parole di Gesù e nelle sue azioni, attraverso le quali ci parla di Dio e ci racconta che il nostro Dio proveniva da una Rivelazione fatta al popolo d’Israele. E’come dire che attraverso i Vangeli possiamo ritornare al Primo Testamento da cui sappiamo che il nostro Dio è un Dio solo.

Se guardiamo all’antico testamento e al popolo ebraico dell’epoca scopriamo che c’erano tanti sensi religiosi e quindi tanti Dei, addirittura tra loro in lotta.

Gesù invece ci racconta che c’è un solo Dio ed è quello che si rivelò ad Abramo (quindi la fede cristiana non può essere letta senza quella ebraica) e che la fede ebraica è una fede monoteista, Dio è uno solo. Questo Dio è uno solo, ma non è un Dio egoista, anzi si avvicina all’uomo rivelandosi a lui, venendo incontro a lui, che lo ha creato a sua immagine per donargli il suo amore.

Dio, nel suo altruismo, decide di volersi relazionare con l’uomo e si rivela ad Abramo con delle affermazioni di enorme speranza, benedicendo Abramo e dicendogli che la sua discendenza sarà numerosa come le “stelle del cielo”.

Il tema della relazione è centrale: tutti sentiamo la paura di restare soli e quindi l’esigenza di avere qualcuno accanto, Dio con le sue parole rassicura Abramo dicendogli che sarà sempre accanto a lui.

Si giunge così alla domanda fondamentale, ovvero perché non possiamo essere soli? Dio è il primo a volersi relazionare con noi e a rivelarci la strada che porta alla felicità. “La felicità non è vera se non è condivisa”, come scrive Dostoevskij. La strada è data dalle sue dieci parole, che noi conosciamo come i Dieci Comandamenti.

Dio scelse Mosè come tramite per far conoscere i Dieci comandamenti e liberare gli ebrei dagli egiziani; l’Egitto è il simbolo di idoli che non sostengono, non portano avanti la nostra vita, non sono autori della nostra esistenza, anzi ci opprimono. Questo accade ogni qualvolta anteponiamo una persona, una cosa, un’attività a Dio: c’è oppressione, facciamo diventare Dio ciò che non è Dio.

Dio si è fatto uomo per insegnarci l’amore, non inteso come eros e quindi come semplice possesso, ma in un senso più elevato, come “agapè”, cioè l’offerta totale di sé, la gratuità del donarsi, dell’amore, mettendosi nei panni dell’altro.

Non solo Dio è unico ma Padre, questo comporta la presenza di un figlio, cioè Gesù,e ci riconduce al concetto di Trinità, di un Dio uno e trino: Padre Figlio e Spirito Santo. Non si tratta di una somma (Dio è comunque uno), la Trinità va intesa nel senso di un interscambio: dal Padre al Figlio, attraverso lo Spirito Santo per donare a noi il suo amore. Da qui l’importanza della relazione, perché l’amore non è un qualcosa di statico, è dinamico, spinge verso l’esterno e si manifesta nel donarsi. San Giovanni afferma che noi abbiamo la possibilità di voler bene all’altro, perché qualcuno dal principio ci ha fatto questo dono: “noi amiamo perché Dio ci ha amati per primi”, ed è questo che ci spinge verso l’altro e ci rende tristi se non abbiamo la possibilità di donarci all’altro, restando chiusi in noi stessi, noi siamo relazione, siamo nati per offrirci all’altro.

Infine Dio è onnipotente, egli può tutto, ha creato il mondo, ha creato l’uomo. E’ per la sua onnipotenza che l’angelo Lucifero si è ribellato a lui, perché non l’accettava, ma la sua onnipotenza è legata alla bontà, per questo ha sempre cercato l’uomo e si è fatto carne per farsi comprendere meglio. 

 

2° PARTE: SPUNTI DI RIFLESSIONE

Partendo da un’opera intitolata “Il sogno di un uomo ridicolo”, così scrive Dostoevskij: “…dirò di più, sia pure che ciò non si realizzi mai e che non venga il paradiso, ma io continuerò a predicare lo stesso e intanto, come questo è semplice, in un solo giorno, in un ora sola, tutto potrebbe realizzarsi…”.
Tutto potrebbe realizzarsi quindi aspetto, resto fermo; la domanda allora può essere questa: perché rimanere in attesa? Si potrebbe, così, arrivare a pensare che siamo schiavi di Dio che, in quanto onnipotente, tutto può, potendo solo aspettare che la sua promessa si realizzi, piuttosto che porsi di fronte alla vita con coraggio e audacia, non considerando altro all’infuori di sé, essere Dio si sé stesso.
Ancora: perché Dio e non il caso? Credere, cioè, che esistiamo perché così vuole Dio piuttosto che pensare di esistere in un determinato spazio e tempo per pura casualità o meglio in base alle sole leggi della natura.  
Perché Dio onnipotente ci ha creati imperfetti e, andando ancora più a fondo, perché nella sua bontà permette la sofferenza, il male?